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Walter Massa candidato e Senatore PD?

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Non capisco, e intanto mi godo Sterpi 2015…

Sono molti anni che conosco, pardon, credevo di conoscere perché ognuno di noi è un universo inesplorabile e insondabile, Walter Massa, il “re del Timorasso” come viene spesso definito. E non solo tra i suo fan, che lo adorano e venerano quasi come una rock star del vino, ma anche dalla grande stampa.

Di Walter si può parlare in tanti modi, senza mai mettere in dubbio alcuni elementi che ne contraddistinguono l’agire: la generosità, la disponibilità a mettersi in gioco, il credere fermamente nelle proprie idee. Cui aggiungerei, ma non suoni come un rimprovero, un certo gusto, da eterno enfant terrible, per lo spettacolo, per il coup de théâtre, per il gesto ad effetto, per la pensata che riesce a metterlo sotto i riflettori. Come se i suoi vini, eccellenti, incontestabili, esemplari, da quelli base Timorasso alla Barbera dei Colli Tortonesi (superba la Bigolla) a tutti gli altri, tutti buoni, tutti sinceri e personali, avessero bisogno di un “convogliatore di attenzioni” per catturare l’interesse degli appassionati.
Si può parlare di Walter stappando una una bottiglia, come fatto io di recente con il Derthona “Sterpi”, io ho scelto il 2015, da vigneti posti su terreni calcareo argillosi esposti a Sud / Sud-Ovest, a 280 metri di altezza, fermentato senza ricorrere a vitigni selezionati, lasciando che facciano tutto, e bene, i lieviti indigeni, affinato per 10 mesi in acciaio e poi sei mesi in bottiglia, e godersela. E provare a descriverla, con un’analisi organolettica, così: color paglierino squillante, pieno di riflessi fulgidi, naso caratteristico, fitto, profondo, salato, di grande purezza e intensità, con note di agrumi, mandorla, frutta bianca (pesca) in evidenza, finché non prevalgono i toni intensamente petrosi, minerali.

E poi, bocca viva, nervosa, sapida, appuntita, di magnifica energia, con andamento verticale, pieno di sapore, con ammirevole vivacità, nerbo preciso, freschezza e sale in abbondanza, eppure caldo, espansivo, di notevole impegno al gusto, intenso e persistente.

Si può parlare così di Massa e posso aggiungere di averlo visto in piena forma sabato e lunedì a Piacenza in occasione della Mostra mercato dei Vini di Vignaioli della Fivi, Federazione per cui si è lungamente speso e di cui è tuttora una delle figure di riferimento. L’ho visto più in giro che al suo stand, dove campeggiava invece il suo stravagante amico Pigi, la sua eterna salopette da giardiniere, basettoni stile antico Piemonte e gira, come se niente fosse, a piedi scalzi come una Sandie Shaw dei giorni nostri.
E poi si può parlare di Walter Massa, che, lo ripeto, non è vignaiolo qualsiasi, un vignaiolo di genio, uno che resterà nella storia del vino italiano per quello che ha fatto per i Colli Tortonesi, per Monleale (terra di splendide pesche) confinante con Volpedo, patria del grande Giuseppe Pellizza, pittore cantore del Quarto Stato e della bellezza della rivoluzione, in altro modo.

Lo si può fare non più chiamando in causa, come feci mesi fa, il suo sodalizio con Oscar Farinetti, per il quale m’incazzai con Valter, salvo finire poi a tarallucci e vino (ed un salame strepitoso opera di Tullio Zamò) durante lo scorso Vinitaly, ma riferendosi alla stretta attualità, ad una notizia, pubblicata oggi su La Stampa di Torino, leggete qui, che non fa che riprendere e ufficializzare, grazie alle precise parole di Massa in risposta alle domande dell’intervistatrice, un rumor che nell’ambiente girava da tempo.

Parlo della disponibilità di Walter Massa, il vignaiolo “anarchico” come spesso è stato definito, a scendere in campo nell’agone della politica e a candidarsi per essere eletto in Parlamento, immagino in Senato. E a candidarsi, tenetevi stretti, nientemeno che il Partito Democratico. Quello di Matteo Renzi e del suo amico Oscar Farinetti, l’inventore di Eataly e ora di Fico (oltre che di altre cento cose: l’uomo è diabolicamente geniale, oltre che umanamente troppo simpatico…), che di Massa è quanto meno grande amico. E ora, pare, mentore politico.

Leggiamo cosa scrive la giornalista Miriam Massone (complimenti, ottimo lavoro) sulla Stampa: “Mister Timorasso», il vignaiolo che ha resuscitato il vitigno, portando gli ettari dai 3 del 2000 ai quasi 100 di oggi, ora è pronto a diventare «il portavoce degli agricoltori e degli artigiani in Parlamento». Ha deciso che è tempo di «scendere in campo», con il Pd”.

E ancora: “Non ho ancora detto né si né no, ma sarei pronto a candidarmi», conferma ora. Ok, la riserva non è stata ancora ufficialmente sciolta, quindi, ma l’intenzione c’è. Eccome. A 61 anni, Walter dice: «Ho lavorato tanto, senza mai mire politiche e senza tessera, ho fatto un ottimo percorso con la mia azienda e con il Timorasso, ora mi interesserebbe andare più in alto possibile per farmi portavoce dell’Italia agricola e artigiana, far da cassa di risonanza nel Palazzo, poter intervenire per impedire che onorevoli sfigati approvino regole contro natura. Sarà il paladino del made in Italy. Insomma, alla base c’è l’altruismo. Del resto, l’anno scorso a Palazzo del Monferrato, Farinetti l’aveva detto: «Walter, tu sei un uomo generoso, questo è il tuo più grande pregio”.

E infine: “E oggi Massa sintetizza così la sua voglia di Montecitorio: «Ho fatto tanto e avuto tanto, nella vita, ora è il momento di rinunciare un po’ al piacere e patire per conto terzi». È pronto a rimboccarsi le maniche, ma se non dovesse andare in porto la candidatura? «Ho sempre 8 trattori e 3 moto». E le vigne di Timorasso, dice mentre torna a imbottigliare”.
Bene, io non mi permetto di criticare quello che il cittadino Massa Walter, classe 1955, quindi un anno più di me, deciderà di fare. Rispetto il suo sacrosanto diritto di fare quello che vuole, di scendere in campo, di dedicare più tempo alla politica, se davvero si candiderà, e se poi verrà eletto, cosa non automatica, vista l’impopolarità crescente del PD, che alla cura dei suoi magnifici vigneti e al lavoro in cantina.

Ma mi permetto serenamente di dire che secondo me, cronista del vino che nel suo piccolo ha contribuito alla creazione della leggenda del santo vignaiolo Massa, del vignaiolo puro, dell’anarchico vignaiolo, del portabandiera dei vignaioli indipendenti italiani, questa scelta politica dell’uomo del vino Walter Massa, con qualsiasi partito o movimento politico si schierasse (e, mi sia permesso, ancora più con il Partito Democratico), è assurda, inspiegabile, contraddittoria, indifendibile. E rappresenta un autentico tradimento di quanto Walter Massa, vignaiolo e uomo, ha detto e fatto per tutta una vita.

Mi attacchino pure a sinistra, la banda di Slow Food e di Slow wine con i suoi variegati fiancheggiatori, e se vogliono anche da destra, l’appeal di Walter è bipartisan ed i suoi vini giustamente piacciono a tutti, che votino Renzi, oppure Berlusconi, Salvini e la Meloni oppure i grillini Cinque Stelle, ma se davvero Walter Massa si candidasse e ancor più diventasse l’onorevole Walter Massa, per me cesserebbe di esistere non solo come produttore di ottimi vini, ma anche come persona. Di vignaioli parlamentari, di regime, non ne sento assolutamente bisogno, tra loro e me nessun dialogo è possibile.
Altro che definirlo, come ha fatto su Facebook il mio amico Michele Antonio Fino, vignaiolo (Fivi) di talento a Cascina Melognis, nonché uno dei massimi esperti italiani di legislazione vitivinicola, docente all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, una sorta di Pinot Gallizio, uno in grado di portare un pizzico di spirito situazionista in Parlamento. Un Walter Massa Senatore sarebbe la perfetta contraddizione, il tradimento del vignaiolo geniale e libero cui dobbiamo un vino dal nome straordinario come Anarchia costituzionale. Tertium non datur…

Attenzione!

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